Questa non è una storia di soli rumeni, glielo assicuro”. L’unica cosa di cui l’avvocato Giuseppina Iaria è certa è che dietro la morte della giovane Madalina Pavlov possa esserci qualcosa che ancora le indagini non hanno svelato. Esattamente otto mesi fa, il 21 settembre 2012, moriva la 21enne giunta a Reggio Calabria dalla lontana Romania: da otto mesi la madre di Madalina chiede giustizia. Chiede giustizia anche tramite l’avvocato Iaria, che ha sommerso gli uffici della Procura con richieste, carte, accertamenti, per far luce su una morte che fin da subito è apparsa oscura, attirando l’attenzione anche di trasmissioni come “Chi l’ha visto?”. E sono tante le domande, tanti i punti oscuri sulla morte della giovane Madalina, “una ragazza acqua e sapone” dice la mamma, e con una grande passione: la giurisprudenza e la criminologia.
Giurisprudenza e criminologia che ancora non sono riuscite a dare una risposta a quel volo di sei piani dallo stabile residenziale di via Bruno Buozzi, nel centro di Reggio Calabria, a pochi metri in linea d’aria dalla Via Marina. Uno stabile in cui Madalina non abitava e su cui ancora aleggiano alcuni dubbi: il sospetto, infatti, è che Madalina, da quel palazzo non si sia buttata, ma sia stata gettata o almeno indotta a farlo.
Una storia fatta di misteri, di persone nascoste da soprannomi e nomignoli.
Come “Tsunami”, la dicitura presente sul cellulare della giovane, come “Joker”, che firmerà un biglietto che verrà ritrovato dai familiari sulla lapide della giovane. Persone che intrecciano il proprio destino con quello di Madalina, ma, forse, anche con quello dello stabile di via Bruno Buozzi: abitato solo per alcuni dei suoi piani, mentre sfitto in altri, affidati a un’agenzia immobiliare che, quindi, avrebbe avuto l’accesso al palazzo.
Sì perché Madalina o la persona che sarebbe stata insieme a lei era in possesso delle chiavi per accedere al terrazzo da cui poi la giovane precipiterà.
Da qualche settimana a questa parte, il fascicolo sulla scrivania del pubblico ministero Teodoro Catananti, magistrato di turno in quel tragico venerdì sera di otto mesi fa, ha una nuova intestazione: non più suicidio, ma istigazione al suicidio. La mamma di Madalina questo lo ha sempre sostenuto: aveva incontrato la figlia poche ore prima e le era apparsa serena, felice, senza alcun tipo di preoccupazione.
E’ proprio questo che non convince.
Da quanto si apprende, infatti, la giovane conduceva una vita tranquilla, divisa tra il lavoro in una pizzeria del centro, gli studi e le amiche. Dopo gli anni difficili, i problemi col padre e il periodo in casa famiglia, sembrava aver superato ogni criticità, avviandosi verso una vita normale, fatta anche dell’impegno con il volontariato. Avrebbe avuto una vita normale, Madalina, e a Reggio Calabria – secondo quanto racconta la madre – si sarebbe trovata benissimo. Non parlava molto della propria vita privata. Qualcosa, nella vita di Madalina, potrebbe essere rimasto nascosto anche alla madre, anche alle amiche più strette. Eppure adesso è proprio sul passato e sul presente della giovane che sia gli inquirenti, sia l’avvocato Iaria, su mandato della famiglia, si starebbero muovendo. Dalle vicende familiari comparse davanti al Tribunale Minorile, fino alla storia più recente della giovane, fatta anche si sfilate in alcuni concorsi locali. Gli ambiti sono i più disparati e quindi complicano il contesto. Non molto tempo fa, infatti, la Procura di Reggio Calabria ha chiesto un’ulteriore proroga per le indagini: un massimo di altri sei mesi necessari per gli ulteriori accertamenti.
Sì perché sono tanti, troppi, i punti ancora oscuri, le falle nelle indagini cui solo ora si sta cercando di porre rimedio. In primis la scelta di non sottoporre il corpo della giovane donna ad alcuni esami scientifici, tra cui il tampone vaginale. Sul volto della giovane, infatti, sarebbero stati presenti anche alcuni segni: lividi, escoriazioni, che potrebbero testimoniare una colluttazione prima della caduta E sono ancora senza nome sia “Tsunami”, sia “Joker”. Nei prossimi giorni, infatti, dovrebbe finalmente svolgersi la ricostruzione della scena del crimine, probabilmente nella Locride, vista l’assenza in città di un’officina adatta alle operazioni di perizia: il corpo di Madalina, infatti, atterrerà su un’autovettura parcheggiata davanti allo stabile di via Bruno Buozzi. Un’auto – di proprietà di uno dei condomini – che non sarebbe stata sequestrata nell’immediatezza e che successivamente, sarebbe stata rottamata, portando via con sé qualche possibile traccia.